Medicina bioenergetica e psicosomatica.
Cura il malato focalizzando il turbamento energetico dell'intera persona, che evidenzia una serie di sintomi fisici e psichici.
I sintomi vanno analizzati e gerarchizzati dal medico, per poter individuare il rimedio il più simile (simillimo) ai sintomi di sofferenza del malato nel suo stato patologico.
Si studiano le cause prossime dei sintomi del malato e dei segni patognomonici della malattia.
Interpretando in senso vitalistico o dinamico (dynamis) i processi biologici di salute e di malattia.
I sintomi della malattia non sarebbero altro che la manifestazione visibile del potere reattivo, teso alla guarigione, che l'organismo mette in atto, quando è costretto a reagire a uno stimolo morboso proveniente dall'ambiente esterno e interno.
I sintomi di malattia costituiscono la migliore "guida alla cura", indicando il percorso naturale che l'organismo stesso ha intrapreso verso la propria guarigione naturale (feed-back biologico).
Il medico omeopata passa poi a un interrogatorio esauriente, intorno ai sintomi fisici e psichici che il malato viene esponendo a viva voce.
Prende nota di tutto ciò che può caratterizzare la persona che gli sta di fronte: come parla e si muove, come piange o ride, se tace o si smania.
Egli deve riuscire a capire di che cosa soffra il malato nella sua forza vitale che si è alterata, fornendo così dei segni patognomonici visibili.
Alla conoscenza soggettiva, appresa direttamente dal malato, il medico assegna maggiore importanza, perché il turbamento della forza vitale è il fenomeno causale che precede la malattia, la quale viene considerata come la conseguenza dell'alterazione delle forza vitale stessa.
Generalmente, la comparsa di sintomi soggettivi precede il modificarsi corporeo patologico.
Dopo i lavori di René Leriche e di altri ricercatori, la medicina attuale non dovrebbe avere difficoltà a riconoscere che le turbe funzionali precedono spesso e volentieri l'apparizione di lesioni.
L'omeopata accorto, quindi, prestando attenzione alla comparsa e al mutarsi della sintomatologia del paziente, ha la possibilità di prevenire il male o il mutarsi in peggio della malattia già evidente.
L'omeopatia si richiama al medico e farmacologo tedesco, S. Hahnemann (1755-1843), che edificò il suo metodo terapeutico sulla osservazione dei fatti reali, in un tempo in cui i medici"camminavano nella oscurità, prescrivevano su delle ipotesi, trattavano casi sconosciuti con rimedi che, se non portavano a morte, producevano malattie nuove e mali cronici" (Lettera a Hufeland).
Successivamente (Organon, § 52-53) scriverà: "La medicina di quel tempo, per accattivarsi la fiducia del malato, utilizzava dei metodi che sopprimevano o nascondevano i sintomi della malattia senza nteressarsi delle cause (metodo palliativo).
Faceva sempre tutto quello che non conveniva fare (metodo allopatico), evitando di osservare e di imitare la Natura, che è vera medicatrice di tutti i mali".
Sfiduciato, aveva abbandonato la professione medica e si era rimesso a studiare.
Nel 1796, pubblicava un primo risultato delle sue ricerche: "Saggio su un nuovo principio per scoprire le virtù curative delle sostanze medicinali, seguito da cenni sui principi ammessi fino ad oggi".
Nasceva l'omeopatia, un modo rivoluzionario di curare le malattie.
Il centro di gravità si spostava dai segni obiettivi, patognomonici di malattia, ai sintomi soggettivi emergenti dalla percezione psicofisica della persona malata.
Era una specie di rivoluzione copernicana nel fare la diagnosi.
Nasceva anche una nuova metodica farmacologia, con la sperimentazione delle sostanze medicamentosa sul soggetto sano e non sul malato.
Hahnemann, sperimentando alcune sostanze medicamentose su se stesso, e poi anche su collaboratori volontari, si era convinto che il modo migliore per conoscere l'effetto di una sostanza curativa, fosse quello di saggiarne prima gli effetti su persone sane, generando una specie di malattia artificiale (prooving-patogenesi).
La sperimentazione sul sano avrebbe fornito sintomi più attendibili di quelle su animali (scarsa affinità organico-cellulare, mancanza della parola) e anche sul soggetto malato, dove l'obiettività viene impedita dalle stesse condizioni alterate del malato (parabiosi).
Conosciuta così la capacità medicamentosa di una sostanza naturale, la stessa sarebbe stata prescritta per curare malati che evidenziassero sintomi di malattia il più possibile "simili" ai sintomi di malattia artificiale apparsi nella sperimentazione su soggetti sani. E così avvenne.
Ancora oggi, si cura avendo come libro di testo le Materie Mediche Omeopatiche Pure.
Raccolgono le patogenesi di due secoli di proovings, esperimentazioni patogenetici sull'uomo sano, condotte in tutto il mondo da illustri cultori della terapeutica omeopatica.
Si associano ad esse le Materie mediche omeopatiche cliniche, nelle quali sono stati trascritti i risultati dell' applicazione di rimedi omeopatici al letto del malato.
Altro testo-guida all'interrogatorio hahnemmaniano e all'omeoterapia, sulla base dei sintomi soggettivi, colti nelle patogenesie e in clinica applicata, è il più recente e il più completo Repertorio Syntesis, edited by Dr.Frederik Schroyens, London, 1994.
Alla farmacologia sperimentale, Hahnemann associò la legge del simile, che non è una novità in terapia, essendo una legge naturale, la cui applicazione clinica è riferita da antichi documenti egizi e indiani.
Il medico greco Ippocrate di Coo ( 460\377 a.Cr.), padre della medicina occidentale, fu il primo ad illustrare due tecniche terapeutiche opposte:
1. La terapia del "contrario" (esempio: se ci si ammala a causa del freddo, occorre curarsi con tutto ciò che riscalda, bevande, cibi, indumenti).
2. La terapia del "simile" (esempio: se una sostanza ci fa tossire, la stessa, somministrata in modo opportuno, può sedare la tosse).
Paracelso (1493/1541), medico svizzero, anticipò alcuni aspetti, poi sistematizzati coerentemente da Hahnemann nell'omeopatia.
Sostenne che occorreva curare il malato, non la malattia; e che si doveva applicare la legge di similitudine, prescrivendo quella sostanza la cui intossicazione assomigliasse ai sintomi della malattia.
In polemica con la polifarmacia palliativa del suo tempo, prescriveva un solo rimedio.
Sottolineava che la terapia di ogni malato deve essere individualizzata, poiché ogni uomo è diverso da un altro; e ha bisogno di un farmaco personalizzato, reagendo ogni malato a modo suo.
Anticipò la tecnica delle dosi minime in cui si concentra la "quintessenza" del farmaco, trasformato da materia grezza in stato fluidico; la "karena", pari alla ventiquattresima parte di una goccia, era la misura di base.
La scelta del rimedio presuppone una selezione ed una gerarchizzazione dei sintomi, ossia una collocazione, in ordine di importanza, della pluralità dei sintomi che caratterizzano la reattività del malato al processo morboso che lo affligge.
Scrive Hahnemann: "Quando si ricerca un rimedio specifico, cioè quando si paragona l'insieme dei segni della malattia naturale alle serie di sintomi dei medicamenti di cui si dispone, per trovare fra di loro una potenza medicamentosa simile al male da guarire, si devono scegliere segni e sintomi che impressionino al massimo, i più straordinari, specifici e particolari (caratteristici) del caso morboso ( Organon, VI ed. 153).
Hahnemann non ha mai stabilito una gerarchizzazione assoluta fra i sintomi, pur avendo sottolineato il valore primordiale dei sintomi psichici e accordando ai sintomi etiologici un valore privilegiato.
Attribuisce una certa importanza anche a segni patognomonici che siano molto caratteristici, intensi, netti.
Ciò è comprensibile, perché Hahnemann, con molto buon senso, non separa mai i sintomi specifici della malattia da quelli caratteristici della personalità del malato.
Dose unica 200/K di un solo rimedio, seguita per uno-due mesi da un rimedio neutro per dare tempo alla dose unica di agire sulle strutture mentali del paziente (effetto-placebo).
L'evolversi sociosanitario e socioculturale rende anacronistico tale approccio, che, per beneficiare il paziente, in gran parte gioca sulla suggestione, somministrandogli per mesi un falso rimedio.
Sta di fatto che elude i problemi reali del paziente. Gli nega l'informazione.
Può dar corpo a omissione di soccorso per negligenza, imprudenza e imperizia.
Rimedio hahnemanniano originale (DH, CH, LMH), a similitudine totale dei sintomi del malato (unicismo); ripetuto, anche a scalare se occorre; o due o tre rimedi a similitudine parziale. alternati tra di loro (pluralismo o alternismo).
Questa tecnica si accorda con l'evoluzione socioculturale di massa e col progresso scientifico-tecnologico della medicina ufficiale.
É fondata su un'analisi "seria e sincera" (Hahnemann).